Come il Real Estate superò l'11 settembre 2001

I momenti peggiori si possono superare anche guardandosi indietro. Tanti accomunano gli effetti del Coronavirus a quanto accadde dopo l’11 settembre 2001. Anche allora, si mise in discussione il modello di crescita delle città, la conurbazione eccessiva e la mancanza di attenzione alla sicurezza dei cittadini. Un certo modello di sviluppo era dato per morto: il nuovo modello doveva guardare ai piccoli centri e non alle metropoli. Come oggi, il turismo crollò e fu messa in discussione la globalizzazione. 

Poche ore dopo l’attentato alle Torri gemelle, tra gli esperti di real estate si parlò esplicitamente di fine dell'immobiliare. Ma cosa è successo dopo? Si sono costruiti circa ottocento grattacieli nel mondo, di cui una ventina in Italia. Mentre la popolazione mondiale trasferita nelle metropoli è aumentata del 10 per cento.

Nel quinquennio successivo all’undici settembre 2001 il mercato immobiliare italiano è cresciuto del 27 per cento e i prezzi di quasi il 20 per cento, mentre quello europeo del 35 per cento, con un incremento delle nuove costruzioni superiore al secondo dopoguerra.

La crisi odierna ha molte somiglianze con quella del 2001, ma anche con quelle del 1973 e del 1930, la cui successiva fase di ripresa è sempre stata caratterizzata dalla nascita di mercati, prodotti e soggetti nuovi.

I mesi di sospensione che stiamo vivendo stanno dando un nuovo valore a quello che potremmo definire “spazio vitale individuale”. La convivenza forzata di questi giorni ha messo in risalto l’inadeguatezza della maggior parte delle nostre case, facendo emergere prepotentemente la necessità di una riqualificazione del patrimonio edilizio. 

Lo stesso dicasi per i luoghi del lavoro terziario. Ci sarà necessità di più metri quadrati per addetto. La logica dello sfruttamento intensivo dello spazio non è più adatta ai tempi nuovi nei quali, alle necessità sanitarie, si aggiungerà una rinnovata consapevolezza dei bisogni delle persone. I luoghi di lavoro vanno ripensati su superfici maggiori e con servizi innovativi. Il recupero dei tanti contenitori vuoti deve essere prioritario, oltre a nuove e diverse costruzioni.

Ci muoveremo meno e quindi le zone centrali o quelle meglio collegate varranno di più. Ci sarà una nuova gerarchia di investimenti, così come avvenne nei primi anni del secolo. La velocità del mercato non dipende solo dalla nostra volontà, ma anche dalle scelte di politica economica, nazionali e internazionali. Il momento della ripresa è incerto ma, in quel momento, avremo bisogno di più mercato.


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