Variazione categoria catastale: il Comune può farlo senza motivo?

Il Comune può modificare arbitrariamente la classificazione catastale di casa nostra?

Sulla questione è intervenuta di nuovo la Cassazione.

Il caso specifico riguarda un cittadino partenopeo, la cui abitazione era stata riclassificata dalla categoria A/2 (abitazione civile) a quella A/1 (abitazione signorile): il contribuente aveva eccepito in giudizio che oggetto della riclassificazione erano state tutte le unità immobiliari del comprensorio, sulla base di elementi generici e indistinti, applicati dall’ufficio anche a fabbricati diversi tra loro.

Una situazione già verificatasi in altri comuni, come Roma, Milano, Bari e Lecce, per effetto delle leggi n. 668/1996 e 311/2004, che hanno dato facoltà ai municipi di chiedere all'Agenzia del Territorio la revisione del classamento degli immobili di proprietà privata al verificarsi di determinate condizioni. E cioè:
  • classamento non aggiornato o palesemente incongruo rispetto a fabbricati similari;
  • fabbricati situati in microzone per le quali il rapporto tra valore medio di mercato e valore medio catastale presenta una discrepanza superiore al 35%;
  • intervenute variazioni edilizie che abbiano mutato la qualità del fabbricato.
Ma, anche questa volta, i giudici (sentenza n. 3107/19, seconda sezione tributaria) hanno accolto il ricorso del contribuente, rilevando che l’amministrazione finanziaria non può omettere di indicare specificamente tali immobili, il loro classamento e le caratteristiche che li renderebbero concretamente assimilabili a quello accertato, senza neppure spiegare in cosa consistano i significativi miglioramenti scaturiti dall’incremento delle infrastrutture urbane.

La Cassazione ha ribadito che l'Agenzia del Territorio non può aumentare la rendita catastale solo sulla base di criteri generali e astratti, senza indicare in modo specifico le migliorie all'immobile che ne avrebbero aumentato il pregio nè gli sviluppi del quartiere che avrebbero incrementato il valore del fabbricato.
In conclusione, a prescindere dalla fattispecie, è sempre necessaria “adeguata e specifica motivazione”.

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