A quali condizioni l'Agenzia delle Entrate può contestare il prezzo di una compravendita?
Frequenti casi di cronaca hanno avuto per protagonisti acquirenti o venditori di immobili a cui l'Agenzia delle Entrate ha chiesto di integrare le imposte pagate alla stipula, o quelle sul reddito prodotto dalla cessione, contestando la congruità del prezzo di compravendita.
Come possiamo difenderci?
Quasi sempre, per motivare le proprie pretese, l'Agenzia delle Entrate sostiene semplicemente che l'immobile sia stato venduto ad un prezzo inferiore rispetto a quello rilevato dall'Omi (Osservatorio del Mercato Immobiliare). Fortunatamente, ci viene in soccorso la Corte di Cassazione che, con ordinanza n. 24497 del 5 ottobre 2018, ha stabilito che il valore di un immobile non può essere determinato solo con l’utilizzo dei dati statistici Omi, ma è necessario addurre ulteriori elementi probatori.
I giudici, chiamati ad esprimersi sulla congruità del prezzo di cessione di un immobile, hanno rilevato che: “L’accertamento di un maggior reddito derivante dalla predetta cessione di beni immobili non può essere fondato soltanto sulla sussistenza di uno scostamento tra il corrispettivo dichiarato nell’atto di compravendita ed il valore normale del bene quale risulta dalle quotazioni Omi, ma richiede la sussistenza di ulteriori elementi indiziari gravi, precisi e concordanti”.
Ulteriori elementi di prova possono essere il confronto tra l'immobile venduto ed altri, con caratteristiche analoghe, effettivamente ceduti, nella stessa zona e nello stesso periodo, oppure la dimostrazione dell’antieconomicità del prezzo di vendita rispetto a quello praticato per altri beni.
In conclusione, il semplice scostamento prezzo di vendita - valore Omi non consente all'Agenzia delle Entrate la rettifica automatica del prezzo di compravendita, in contrasto col diritto europeo e la giurisprudenza, che invece deve essere sempre adeguatamente motivata.
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